Leggo con non poca preoccupazione le ultime notizie relative al comunicato di Arcelor Mittal in merito allo stabilimento tarantino.
I toni perentori poco si addicono al rapporto tra le parti che dovrebbe essere invece caratterizzato da buon senso e responsabilità.
Non si possono chiedere “le mani libere” quando in gioco ci sono la salute e il futuro di tante persone, di un’intera città e della sua provincia.
Abbiamo già sperimentato con la precedente proprietà quali sono i frutti amari e velenosi di uno sviluppo legato esclusivamente al profitto.
Ma dopo la decisione di Arcelor Mittal di recedere il contratto, oltre al disastro ambientale, saremmo di fronte ad un disastro sociale.
Dinanzi a tale possibilità ha prevalso da parte del governo e dell’azienda un’inerzia impressionante sostenendo ciascuno la sua posizione senza pesare le conseguenze di una decisione unilaterale. Per evitare un ulteriore disastro per la vita dei tarantini e per l’economia del Paese è necessario un impegno preciso del governo che, nel dialogo con l’azienda e le forze coinvolte, sappia tracciare un piano lungimirante che tenga conto della difesa dell’ambiente e della occupazione di tanti lavoratori.
Se si decide poi per il ridimensionamento della fabbrica si deve “pre-vedere” un piano di graduale occupazione delle diverse migliaia di persone in questo territorio. Queste, lasciando il siderurgico, dovranno poter usufruire di nuovi investimenti, sviluppando anche il terziario, una agricoltura di eccellenza, l’utilizzo delle risorse del mare e il turismo. Diversamente continueremmo nella stessa paralisi attuale accontentandoci di false soluzioni con ammortizzatori sociali che durerebbero 10-20 anni, senza creare nuova occupazione, non rispettando così la dignità della persona umana che si realizza nel lavoro.
Ancora una volta mi ispiro alla Laudato si’ di papa Francesco e invito tutti i protagonisti di questa estenuante vicenda a perseguire ogni possibile strada conduca a coniugare salute e lavoro in virtù di quella “ecologia integrale” che vede l’uomo protagonista e non schiavo dell’inerzia e della massimizzazione del profitto.
+ Filippo Santoro
Arcivescovo Metropolita di Taranto