In questa domenica, 19 ottobre, la Chiesa scrive il nome di Giovan Battista Montini, papa Paolo VI, nel libro dei Beati. L’arcidiocesi di Taranto non può non far memoria di un evento storico. Paolo VI volle celebrare la messa della Notte di Natale del 1968, nello stabilimento siderurgico Italsider, anziché nello splendore della Basilica di San Pietro. Questo papa, a torto definito crepuscolare e amletico, uomo, invece, non facilmente eguagliabile per cultura e profezia, volle riavviare un dialogo fra Chiesa e mondo operaio e scelse Taranto. Venne con umiltà e coraggio, come vicario del figlio del carpentiere, il figlio di Dio, che non disprezzò il lavoro ma losantificò con le sue mani e fece del lavoro quotidiano la via della santificazione di ogni uomo. Il neo Beato, più volte, volle sottolineare come le distanze non ci fossero più, ogni estraneità era colmata dal desiderio di dialogare. L’immagine candida del papa si rese familiare in mezzo alle colate di ghisa e nei capannoni del siderurgico.
Era il 1968 l’anno ricordato per antonomasia come l’anno delle contestazioni così come del cambiamento. La storia ci ha poi insegnato che tanti di quelli che sembravano gesti rivoluzionari o di emancipazione nei tanti ambiti della vita, si sarebbero rivelati ben presto chimere del momento. Anche la visita di papa Montini fu accompagnata da tante critiche e dai più fantasiosi sospetti, ma alla fine vinse l’umanità di questo grande pontefice.
Se per un versante le problematiche di oggi sono diverse da allora, (oggi abbiamo ben presenti la devastazione ambientale, i rischi della salute dei quali si aveva allora una scarsa contezza), in ballo c’era e ci sarà sempre la dignità della persona, che la Chiesa ha il dovere di difendere.
Con gratitudine, quindi facciamo memoria di Paolo VI a Taranto, ed insieme con lui è bello ricordare monsignor Guglielmo Motolese, mio predecessore di venerata memoria, che allora in poco più di 20 giorni preparò con tutta la diocesi l’accoglienza del papa per un evento di interesse mondiale. Sempre Motolese propose all’amministrazione comunale di allora di intitolare a Montini il nascente quartiere periferico del Capoluogo ionico.
Al Beato Paolo VI chiedo di benedire ancora una volta la città e alla sua intercessione affido la missione di questa Chiesa locale perché essa continui ad essere presente con coraggio, verità e umiltà, nelle controverse vicende tarantine, come fermento di dialogo e di speranza.
+ Filippo Santoro, arcivescovo
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