Festival della Dottrina Sociale della Chiesa. Verona 2016

Un caro saluto a tutti gli organizzatori del Festival della Dottrina sociale di Verona, ai componenti di questa tavola rotonda, a Mons. Adriano Vincenzi e a tutti i presenti. Il tema del Festival è già stato oggetto del messaggio del Santo Padre ed illumina anche la prossima Settimana Sociale dei Cattolici Italiani si terrà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre 2017e sarà dedicata alla questione del lavoro.
In continuità con il compito che il Santo Padre Francesco ha affidato alla Chiesa Italiana durante il 5° Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze che ci invitava ad «avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni», abbiamo ripreso una preziosa indicazione che ci è data da questa Esortazione apostolica identificando così il tema della Settimana Sociale: Il lavoro che vogliamo: ‘libero, creativo, partecipativo e solidale’ (EG 192).
Il Comitato ha optato per uno metodo sinodale e partecipativo come è stato sperimentato nel Convegno Ecclesiale di Firenze dello scorso anno, accogliendo gli apporti delle Diocesi italiane in forma di video e di racconti di denuncia e soprattutto di buone pratiche. Proponiamo un momento costruttivo che non si limiti alle denunce, che superi la tentazione del lamento, che soprattutto proponga qualcosa di realmente utile al Paese in materia di iniziative lavorative ed anche di legislazione nazionale e locale. In questa prospettiva è determinante il contributo delle imprese e colgo l’occasione di questo incontro per informare i presenti, per invitarli e per presentare insieme alle linee fondamentali di questo evento quattro registri comunicativi e alcune virtù che possono essere punto di riferimento per imprenditori appassionati del bene comune.
La prossima Settimana Sociale di Cagliari avrà come metodo lo stile sinodale e come elemento di fondo il principio di sussidiarietà che richiama un’esigenza di raccordo degli ordini civili articolandoli in modo che nessuno possa avanzare la pretesa di possedere il monopolio degli interventi sulla società.
Mi riferisco a quella particolare formalizzazione del momento decisionale pubblico che alcuni definiscono «sussidiarietà circolare»; ossia, il richiamo continuo ad un coordinamento degli ordini che operano nella società civile e degli attori che in essa sono protagonisti.
La prossima Settimana Sociale riprende innanzitutto e approfondisce alcune prospettive che valgono anche in un contesto che sta rapidamente mutando come quadro di riferimento del lavoro. Parlo del paradigma del lavoro come ‘impiego’ che si sta esaurendo con una progressiva perdita dei diritti lavorativi e sociali, in un contesto di perdurante crisi economica che coinvolge fasce sempre più ampie della popolazione. Anche in questo contesto permane valido, anzi si approfondisce la necessità di un ‘lavoro degno’ affermata dal Magistero sociale della Chiesa e dalla Costituzione italiana.
Il lavoro è degno perché è degna la persona umana. Lo è il mio lavoro di vescovo come quello dei ‘cartoneiros’ di Buenos Aires, i raccoglitori e riciclatori di cartoni, come i venditori ambulanti di Rio de Janeiro o i più sofisticati lavoratori della Nasa o della più sofisticata ricerca scientifica. Ho partecipato al III Incontro dei Movimenti Popolari promosso da Papa Francesco e lì appunto i cartoneiros, gli ambulanti, i portatori abusivi di risciò del Bangladesh non accettano che la loro attività sia considerata ‘economia informale’, ma preferiscono essere considerati costruttori di una ‘economia popolare’.
Come si sono commossi quando mi hanno sentito parlare del loro lavoro, come ‘lavoro degno’ quando è a sostegno della vita e non del crimine. Ma avevo presente anche i miei pescatori tarantini quando lottano per i loro diritti e quando devono fare una grande battaglia per convincere i loro figli che è preferibile la durezza e l’incertezza della pesca al facile guadagno proposto dai trafficanti e da altre forme di illegalità.
Perciò la prima prospettiva che la Settimana Sociale propone è quella che mette in evidenza l’origine della dignità del lavoro nella sacralità della persona umana e questo lo decliniamo in cinque punti.
1) Innanzitutto il lavoro è vocazione, è ambito nel quale ciascuno deve avere la possibilità di esprimere e vedere apprezzate le proprie doti, qualità e competenze. Come ogni vocazione, anche quella lavorativa va formata e coltivata attraverso un percorso di crescita ricco e articolato, capace di coinvolgere l’integralità della persona, dalla sua origine nel rapporto con l’infinito, al suo sviluppo nelle circostante concrete del vivere.
2) Il lavoro è valore, in quanto ha a che fare con la dignità della persona; è base della giustizia e della solidarietà sociale e genera la vera ricchezza. Esige non solo di essere adeguatamente riconosciuto e remunerato, ma anche di non essere ridotto a mera strumentalità.
 3) Il lavoro è opportunità, che nasce dall’incontro tra impegno personale e innovazione in campo istituzionale e produttivo. La creazione di lavoro non avviene per caso né per decreto, ma è conseguenza di uno sforzo individuale e di un impegno politico serio e solidale.
4) Il lavoro è fondamento di comunità, perché valorizza la persona all’interno di un gruppo, sostiene l’interazione tra soggetti, sviluppa il senso di un’identità aperta alla conoscenza e all’integrazione con nuove culture, generatrice di responsabilità per il bene comune.
5) Il lavoro è promozione di legalità, rispetto a un contesto in cui l’illegalità rischia di apparire come l’unica occasione di mantenimento per se stessi e la propria famiglia: diventa indispensabile creare luoghi trasparenti affinché le relazioni siano autentiche e basate sul senso di giustizia e di eguaglianza nelle opportunità.
L’obiettivo della Settimana è quello di realizzare un incontro partecipativo, punto di sintesi e di rilancio di un cammino corale che rinnovi l’impegno delle comunità cristiane. La proposta intende articolare tanto le iniziative promosse a livello locale quanto le giornate di Cagliari attorno a quattro registri comunicativi, allo scopo di risvegliare e mettere in moto le tante risorse presenti nelle nostre comunità.

1. Denuncia. Vogliamo assumere la responsabilità di denunciare le situazioni più gravi e inaccettabili: sfruttamento, lavoro nero, insicurezza, disuguaglianza, disoccupazione ‘ specie al Sud e tra i giovani ‘ e problematiche legate al mondo dei migranti.
2. Racconto. Vogliamo raccontare il lavoro nelle sue profonde trasformazioni, dando voce ai lavoratori e alle lavoratrici, interrogandoci sul suo senso nel contesto attuale.
3. Buone pratiche. Vogliamo raccogliere e diffondere le tante buone pratiche che, a livello aziendale, territoriale e istituzionale, stanno già offrendo nuove soluzioni ai problemi del lavoro e dell’occupazione.
4. Proposte. Vogliamo costruire alcune proposte che, sul piano istituzionale, aiutino a sciogliere alcuni dei nodi che ci stanno più a cuore.
Nel corso dell’anno verrà proposta a tutte le comunità cristiane un’iniziativa di solidarietà nei confronti di chi non ha lavoro. Ci muove la convinzione che solo rimettendo al centro il lavoro ”un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale’ (Evangelii gaudium, 192) ‘ sarà possibile tornare a guardare con fiducia al futuro.
Ogni Diocesi, secondo il numero dei suoi abitanti, parteciperà alla Settimana Sociale con 3 – 7 persone, scegliendo tra coloro che sono coinvolti attivamente con le problematiche del lavoro. Oltre alle diocesi saranno invitate persona coinvolte col mondo del lavoro, dagli imprenditori, ai sindacati, al governo ecc.
Ogni Diocesi è, inoltre, invitata a presentare, attraverso un video di cinque minuti, una buona pratica che racconti il lavoro oggi nelle rispettive realtà territoriali, così da poterlo valorizzare nell’ambito dei lavori di gruppo della Settimana stessa.
In preparazione all’evento gli invitati alla Settimana Sociale dovranno organizzare un percorso diocesano, affinché il loro contributo possa essere partecipato all’interno dei tavoli interattivi, in vista di proposte concrete.
Segnaliamo il percorso nazionale, a cui i delegati potranno partecipare per organizzare il lavoro diocesano:
– 6° Festival di dottrina sociale della Chiesa (Verona, 26 novembre 2016);
– Convegno Chiesa e lavoro. Quale futuro per i giovani nel Sud? (Napoli, 8-9 febbraio 2017);
– Seminario Nazionale dell’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della CEI (Firenze, 23-25 febbraio 2017);
– Convegno Nazionale di Retinopera,Il senso del lavoro oggi. Famiglia, giovani, generazioni a confronto sul presente e sul futuro del lavoro (Roma, 13 maggio 2017).
Trovandomi in questo contesto del Festival della Dottrina Sociale, e parlando ora soprattutto ad imprenditori, vorrei mettere in evidenza il valore e l’imprescindibile importanza dell’impresa per superare il grave deficit lavorativo in cui ancora versiamo, particolarmente nel mezzogiorno d’Italia. L’ho già detto al Consiglio Permanente della CEI: ci sono vari patti del governo con le regioni del Sud, come per esempio con la Puglia, ma è necessaria una strategia specifica per il lavoro nel Sud. Il problema della disoccupazione non è solo del mezzogiorno , è di tutti. Se cresce il Sud cresce tutta l’Italia: Ed il Sud significa anche l’orizzonte economico e culturale de Mediterraneo. Per tal fine non serve piangersi addosso, ma sono necessari tanti provvedimenti tra cui emerge la valorizzazione delle imprese virtuose come quelle che sono qui rappresentate. L’obbiettivo, come ci ricorda papa Francesco non è il dio denaro, ma la crescita solidale della società, particolarmente includendo i più poveri.
Per questo mi permetto, in coda a questo intervento, di indicare tre virtù per fare buona impresa e che possono rappresentare i ‘doni’ che la comunità degli imprenditori offre, anche in vista della Settimana Sociale dei Cattolici italiani, al tavolo della società civile. Indico innanzitutto la creatività.
La creatività
Con tale termine intendiamo in primo luogo la virtù dell’iniziativa che sgorga dalla soggettività creativa della persona umana, ossia l’inclinazione a cogliere, anche solo intuitivamente, ciò che altri non riescono a vedere.
Per secoli si è creduto che la principale forma di capitale e di ricchezza fosse la terra, mentre il lavoro e la creatività fossero soltanto elementi sussidiari, certo indispensabili, ma subordinati alla fonte primaria, abili esclusivamente a far emergere la ricchezza insita nella terra. Oggi è fuor di dubbio che l’inventiva e la scoperta sono universalmente considerate le cause di ricchezza più energiche che il genere umano abbia mai conosciuto.
Corollario della creatività, allora, è la virtù dell’intrapresa economica. Essa nasce dalla considerazione che i cittadini sono sovrani, quindi spetta a loro accorgersi degli eventuali pericoli, delle esigenze e delle opportunità, ed assumere di conseguenza i provvedimenti del caso, con senso di responsabilità e di comunione. Sotto il profilo teologico, la sua peculiare caratteristica è di essere creato ad immagine e somiglianza del Creatore e, di conseguenza, di partecipare per vocazione all’opera creativa del Padre, sviluppando la propria immaginazione e la capacità di raggiungere sempre nuovi traguardi.
La comunità
La realtà economica e sociale contemporanea è segnata in modo inconfutabile dal fatto che non esiste più un angolo della terra completamente isolato e indifferente alle sorti della comunità internazionale.
La prima forma di comunità che emerge dalla riflessione intorno alla moderna economia imprenditoriale è quella che costantemente imprenditori e dirigenti cercano di costruire all’interno della propria azienda. In secondo luogo, in virtù delle sue esigenze funzionali, l’impresa necessita di una serie di operazioni pratiche che evidenziano un’ulteriore forma di comunità costituita da tutti i soggetti con i quali l’ente impresa entra in contatto, i cosiddetti stakeholders: e questo voi lo sapete meglio di noi ecclesiastici. La rilevanza politica di una tale virtù imprenditoriale è sotto gli occhi di tutti. Infine le virtù dell’impegno pubblico e della responsabilità civica derivano dal fatto che i cittadini non sono dei meri sudditi, ma sono chiamati a promuovere non solo la propria felicità e quella dei propri cari, bensì, come si conviene ad un sovrano, essi sono responsabili anche del raggiungimento del bene comune.
Il realismo
La terza virtù dell’imprenditore che mi permetto di proporre è il realismo. L’imprenditore dovrà sempre vigilare affinché nessuna posizione preconcetta possa offuscare il limpido contorno della realtà, e per far ciò avrà bisogno di confrontare continuamente i suoi progetti con quelli di persone che hanno idee diverse dalle sue. Qui entra in gioco il ruolo fondamentale del dirigente, chiamato a comprendere nel modo più nitido possibile i segni della realtà e, di conseguenza, ad indirizzare correttamente l’attività imprenditoriale.
Spetta al dirigente, infatti, prendere le decisioni destinate ad influenzare il futuro dell’impresa, definendo, nello stesso tempo i mezzi che rendono attuabili i progetti.
Secondo la virtù del realismo, allora, non è sufficiente che dirigenti e imprenditori siano gerarchicamente sovraordinati: è necessario che i loro collaboratori percepiscano realisticamente tale posizione e accettino emotivamente e razionalmente di seguirli, riconoscendo il ruolo guida da loro svolto. A questo punto entra in ballo la nozione di responsabilità. Con tale espressione intendiamo la propensione del bravo manager a scegliere per sé collaboratori forti, capaci, indipendenti che lo stimolino problematicamente alla riflessione e alla scelta, dal momento che è consapevole del fatto che, in ultima analisi, è lui il responsabile anche degli eventuali fallimenti dei suoi collaboratori.
Questo ha alcune conseguenze importanti.
1) Innanzitutto passare dalla logica della gestione del personale a quella della valorizzazione del capitale umano, che comporta sia la promozione del merito e del talento in tutte le scelte aziendali (nella selezione del personale, dei fornitori, nelle progressioni di carriera, nella scelta degli investimenti, ecc…), sia il coinvolgimento delle persone e delle comunità nelle scelte aziendali (non necessariamente attraverso la partecipazione diretta dei dipendenti nel management, ma attraverso l’adozione di logiche gestionali capaci di tenere conto nelle scelte strategiche delle implicazioni delle stesse in relazione a tutti i possibili livelli).
2) Propensione all’investimento nell’ambito dell’economia produttiva (tecnologia, imprese collegate, nuove iniziative, ecc…) al fine di far crescere l’impresa, considerando la leva finanziaria un essenziale strumento per la loro realizzazione piuttosto che la finanza come la sede di facili guadagni o di neutralizzazione di quella componente di rischio imprenditoriale senza la quale l’impresa non può dirsi tale.
3) Investire nella crescita sociale e culturale del territorio in cui l’impresa opera, al fine da un lato di legittimare la sua stessa esistenza e, dall’altro, di garantire un allineamento tra l’impresa e la propria comunità di riferimento. Il grande punto di riferimento in questa direzione è quanto papa Francesco  afferma nella enciclica Laudato Si’ quando parla di ecologia integrale, unendo l’ambiente alla cultura ed al contesto sociale in cui un territorio vive. In tal modo, pur essendo chiaro che il bene dell’impresa potrebbe non risultare coerente, quantomeno nel breve periodo, con quello della comunità, è opportuno che i processi di cambiamento (siano questi dovuti a delocalizzazioni, ristrutturazioni aziendali o ridefinizioni delle linee di prodotto) siano governati dall’imprenditore e dal management con trasparenza e piena assunzione di responsabilità rispetto alle comunità, promuovendone il pieno coinvolgimento.
4) Adottare uno stile manageriale nello stesso tempo di grande visione, ma prudente, capace nello stesso tempo di far convergere tutti i soggetti a vario titolo interessati all’esistenza dell’impresa su un senso di missione, promuovendo, all’interno della realtà aziendale, l’emersione di una leadership diffusa. I manager sono delle persone ed hanno a che fare innanzitutto con delle persone che sono guidate dalla coscienza quando attivano processi produttivi.
Mi sono permesso di aggiungere il richiamo a queste tre virtù con dei corollari perché se vogliamo superare le difficoltà in cui versiamo occorre il contributo di tutti ed in particolare di quanti mediante le loro imprese costituiscono esempi virtuosi non appena di sopravvivenza, ma di eccellenza che ci è riconosciuta nel mondo intero. Così l’attenzione alla persona e al bene comune è la chiave di volta per coniugare l’opzione preferenziale per i poveri e lo sviluppo economico di un paese. La Settimana Sociale dei Cattolici Italiani del 2017 vorrà dare una risposta concreta a questo problema ed attende dai presenti un prezioso contributo